La criptovaluta, comunemente denominato “bitcoin”, è entrata a far parte del linguaggio comune oltre che del sistema finanziario e di pagamento internazionale. Ultimamente l’Agenzia delle Entrate è intervenuta con una risposta ad un interpello (n. 956-39/2018) definendo gli aspetti fiscali che emergono dal trading e dalla detenzione del bitcoin.

Prima di tutto, il parere ha confermato quanto precedentemente sostenuto dalla stessa Agenzia delle Entrate con la R.M. 72/E del 2016, ovvero che la criptovaluta è assimilata ad una valuta a tutti gli effetti. Da ciò consegue che le operazioni di vendita (o più propriamente di pronti contro termine) sono tassate ordinariamente ai fini IRES/IRAP/IRPEF se poste in essere da imprenditori, mentre se poste in essere da persone fisiche non imprenditori, sono soggette a tassazione solo se di valore superiore ad euro  51.646 per più di sette giorni lavorativi. Il differenziale da tassare è calcolato tra il valore del bitcoin con l’euro al momento della vendita e quello all’acquisto ed assoggettato all’aliquota del 26%.

Oltre questa conferma, la risposta all’interpello prevede per la prima volta l’inserimento del valore detenuto al 31 dicembre di ogni anno nel quadro RW della dichiarazione, e questo per motivi più legati alla normativa sull’antiriciclaggio che a quella più propriamente fiscale, anche perché tali valori non sono soggetti ad IVAFE (imposta sul valore delle attività finanziarie all’estero).

Per la prima volta, quindi, emerge l’ulteriore adempimento di inserire la criptovaluta nel modello RW, con non poche difficoltà tecniche. Prima tra tutte, l’inserimento del codice paese, non sapendo spesso identificare con precisione dove sono depositate queste particolare forme valutarie.

Sarà pertanto necessario attende ulteriori chiarimenti da parte dell’Agenzia delle Entrate, specialmente ora che inizia la stagione dichiarativa.